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#6: Ambiente e salute: per una nuova flessibilità?

Sembra che il 2020 possa essere l’anno più caldo di sempre, secondo il National Oceanic and Atmospheric Administration. Un anno non è indicativo di un trend se non fosse che 11 dei 12 anni più caldi della storia sono tutti dopo il 2000. L’8 ottobre 2018 l’Intergovernmental Panel on Climate Change pubblicava uno Special Report (Sr15) avvertendo che la soglia di aumento della temperatura globale di 1,5°C si sarebbe raggiunta già nel 2030, a meno di “cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”. Un cambiamento del genere è arrivato con il Lockdown, e ci siamo illusi che potesse “raffreddare” un po’ gli animi, ma la situazione è rimasta ben “calda”. Il distanziamento ha però sovrapposto un’altra questione, centrale per chi si occupa di clima e città: ambiente o salute? Ovvero, densità (amica del clima) o dispersione (nemica del contagio)? Falsa opzione, per Richard Sennett[1]: unire pensiero green e pensiero salutare significa invece immaginare strutture e modi di vivere elastici per modulare le strategie di risposta, città ed edifici anche molto diversi da ciò cui siamo abituati, sistemi densi e porosi insieme. Come progettare una nuova flessibilità? E immaginare una flessibilità infinita?