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#2: Il futuro è rendimento in natura?

Secondo l’economista Partha Dasgupta, il tasso di rendimento del capitale naturale – la biomassa prodotta ogni anno dal pianeta rispetto allo stock esistente – è circa il 19%. Paragonato al capitale prodotto (5% di rendimento medio) sorprende che non ci sia una migrazione di massa d’investitori su un asset così succulento. Ma pare sia un tipico meccanismo di valutazione economica: “La preferenza per il presente, e il suo corollario, il deprezzamento del futuro”. Per Jean-Paul Fitoussi ed Eloi Laurent, in questa tensione tra lungo e breve termine c’è tutto il legame tra crisi finanziaria ed ecologica, e anche tra generazioni. In effetti sono benefici lontani, per non dire dei beneficiari, ininfluenti se non ancora inesistenti: come tenerne conto? Che capitale – prodotto, umano, naturale – lasciamo loro? I primi due, reversibili, suggeriscono soluzioni anche “facili”: nel 1999 Ackerman e Alsott proposero di assicurare una dotazione di 80.000 dollari a ogni ventunenne; nel 2020 Thomas Piketty ha alzato la posta a 120.000 euro all’età di 25 anni. Ma il capitale naturale? Irreversibile, e in rosso, vuole un’altra ottica. Per il politologo David Runciman, un modo è estendere all’età di 6 anni il diritto di voto! Malizioso… Però, perché no?